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Grappa
e
le case della Grappina
Il
"podere" di Grappina si trova su di
uno dei colli, che circondano il borgo medievale di Vinci, ad una altitudine di
mt. 79 s.l.m., chiamato da tempo immemorabile Grappa e dal quale deriva infatti
anche l'odierna denominazione.
Il
colle di Grappa rappresenta una sorta di naturale spartiacque fra i torrenti ed
i rii di Vinci che provenienti dal Montalbano confluiscono nell'Arno ( il rio
dei Morticini, per il tramite dello Streda) e nel Padule di Fucecchio (il
Vincio) (1).
Proprio
fra il confine dell'odierna azienda agricola ed il borgo antico scorre infatti
il Rio dei Morticini, che provenendo dalla Forra delle Quercete confluisce nel
torrente Streda; mentre alle sue spalle, fra le case del Piastrino e di S.
Pantaleo scorre il torrente Vincio, provenente dalla Forra di Balenaia, che
segna il confine di ponente del Comune e, secondo alcuni studiosi, dà anche il
nome alla città (2).
La
posizione del colle è stata storicamente strategica per la roccaforte di Vinci,
in quanto pur appartenendo territorialmente alla Castellania di Vinci, fin
dalla sua origine (1254), ovvero dal momento della cessione dei terreni da
parte dei Conti Guidi al Comune di Firenze, si poneva a metà della vecchia
strada di Ceoli che congiungeva il popolo di Vinci a quello di S.Pantaleo, il
quale, insieme a quello di S. Bartolomeo a Streda, rappresentavano l'avamposto
medievale del potente vescovo di Lucca (oggi in Diocesi di San Miniato),
proprio dinanzi alla rocca di Vinci, che pur di proprietà dei Conti Guidi, al
pari di Cerreto, rimaneva sotto la forte egemonia del vescovo di Pistoia fin
dalle sue origini (IX-X secolo d.c.) (3).
Non
è un caso, che una "leggenda" paesana attribuisca il nome di Rio dei Morticini
proprio agli esiti di cruende lotte con il costo di molte vite umane (" i
morticini") per il possedimento della roccaforte, di cui l'antico agglomerato
di Grappina, fu un inconsapevole spettatore, trovandosi proprio a metà strada,
fra il castello di Vinci e quello di Cerreto, fedele al ghibellino Uguccione
della Faggiola, signore di Pisa e di Lucca, alleato con il fuoriuscito
fiorentino, Binduccio Adimari, signore di Cerreto e padre di Tegrino di
Anchiano, signore di Vinci soltanto per alcuni mesi, a cavallo del 1315-1316,
per essere riuscito a strapparla dall'egemonia guelfa. La battaglia finale
promossa dall'Adimari il 26 aprile 1316 terminò però in favore dei guelfi
fiorentini che, oltre al castello e alla podesteria di Vinci, peraltro già
tornata in loro mani, anche per la fedeltà dimostrata dai suoi abitanti, autori
di un vero e proprio stratagemma a danno dei ghibellini, riconquistarono quello
di Cerreto, con infine il pegno del campano, quale bottino di guerra, prelevato
dal vecchio castello di Cerreto ed issato su quello di Vinci (uno storico
"campano", rifuso nel settecento ed elevato a simbolo della Toscanità, come da
una famosa lettera del pittore Ardengo Soffici inviata ai gerarchi tedeschi,
nel corso dell'ultima guerra, al fine di scongiurargli una deleteria
destinazione bellica (2)).
Più
tardi, nel XV° secolo, la vecchia strada di Grappa univa di nuovo le sorti dei
popoli di Vinci e di S.Pantaleo, nel nome di Leonardo.
La
leggenda, divenuta in questo caso una realtà storica in seguito alle recenti
scoperte, attribuiscono alla "serva" dei Da Vinci, quella misteriosa Caterina,
madre di Leonardo, figlio naturale di Ser Piero Da Vinci, una probabile
provenienza dal popolo di S.Pantaleo, dove sicuramente fu accasata,
precisamente in Campo Zeppi, in seguito alla nascita del figlio illegittimo, il
15 aprile 1452, con successivo matrimonio di comodo ad un certo Accattabrighe
,
soprannome di Antonio di Piero di Andrea di Giovanni Buti, propiziato grazie ad
una ricca dote per il servigio reso alla famiglia fiorentina, che all'epoca non
aveva ancora avuto alcun erede. Tutto ciò con i buoni auspici dell'allora
rettore della chiesa del posto, ovvero quel " Ser Piero Guiducci da Vinci,
preti di Sancto Pantaleo" (Arch. Stato Firenze, Filza 558; c.458) (4).
Il
mistero che avvolge Caterina ed i suoi rapporti con il piccolo Leonardo è stato
dagli studiosi solo in parte fugato (5).
E'
certa comunque una presenza, seppur minima, della madre nella crescita e nella
vita del grande Genio, che in età adulta addirittura la portò con sé a Milano,
dove infine concluse la sua vita terrena.
Ed
è pertanto molto probabile che lo stesso Leonardo partendo dagli antichi
androni del borgo di Vinci, ancora oggi ben visibili, abbia percorso la vecchia
strada di campagna che attraverso il colle di Grappa, già indicato nelle Carte
del XVI secolo dei Capitani di Parte del Comune di Vinci, e di Ceoli conduce in
quel di S. Pantaleo; un percorso che inevitabilmente attraversa quel primo
agglomerato di poche case, inglobate nell'odierna Grappina.
La
storia ufficiale infine ci consegna un aneddoto curioso sugli abitanti del
posto, documentato da un verbale di interrogatorio conservato presso
la
Curia Vescovile
di Pistoia (4), che vede protagonisti proprio il patrigno di Leonardo,
l'Accattabrighe, e un abitante delle case di Grappina, ovvero un certo Giovanni
di Jacopo di Pasquino vocato "Gangalandi" (dal proprio paese di origine),
compagni di sventura poiché entrambi inquisiti per avere " con violenza"
disturbato le solenni funzioni religiose per
la Festa
della Madonna, titolare della Pieve di Massa Piscatoria, l'attuale Massarella,
situata sul Padule di Fucecchio (8 settembre 1470).
I
recenti restauri della "vecchia" casa rurale del podere di Grappina, da
distinguersi con le case dello Zollaio, altro agglomerato di case sparse posto
poco più a settentrione sullo stesso colle, confermano in pieno tale datazione
storica, in conformità anche all'aspetto esterno riconducibile al classico
casale toscano, caratterizzato dalla scala esterna, accostata al corpo di
fabbrica e con loggetta di arrivo coperta, evoluzione di una arcaica torre
cilindrica adibita a colombaiola, tipica dei primi fabbricati rurali; una
soluzione plastica caratteristica delle case con stalla al piano terreno, già
ampiamente codificata nelle fotografie di Pier Niccolò Bernardi, esposte alla
VI Triennale di Milano del 1936, nel corso della memorabile mostra
"Architettura rurale italiana" (6). In questo caso, il casale si caratterizza
ulteriormente per alcuni elementi architettonici (per esempio, gli scalini
esterni) che richiamano più alle strutture rurali del territorio pistoiese che
a quello del Chianti fiorentino.
Anche
le successioni della proprietà sembrano confermare il suddetto dato storico.
I
fabbricati rurali della Grappina, con gli annessi vigneti ed una piccola
oliveta, costituivano infatti fino alla metà del secolo scorso uno dei fondi, condotti
a mezzadria, della famiglia fiorentina degli Strozzi, presente con i loro
possedimenti nel comune di Vinci sin dal medioevo. Il " buon vino" di queste
terre infatti è sempre stato assai rinomato e come tale lo si citava
addirittura nel 1254, come rendita feudale, nella cessione del Castello di
Vinci da parte dei Conti Guidi ai
fiorentini (7); una tradizione successivamente valorizzata e regolamentata
dalla stessa "dominante" fiorentina, come dimostrano i rigidi disciplinari per
la produzione e la vendita del vino, codificati e imposti fin dallo Statuto del
Comune di Vinci del 1382 (3).
Ancora
oggi i vigneti di Grappa, iscritti nel Consorzio del Chianti Montalbano,
producono vino da tavola di ottima qualità e la piccola oliveta un eccellente
olio di oliva.
La
"nuova" Grappina, ovvero il nuovo edificio sorto accanto ai "vecchi" fabbricati
in pietra, ha invece un'origine molto più recente, funzionale alle esigenze
della proprietà Baronti, che rilevava il "podere" dalla famiglia Strozzi nel
secolo scorso.
I
recenti restauri hanno comunque inteso armonizzazione i due edifici, anche dal
punto di vista architettonico, nel rispetto della tradizione storica del
vecchio fabbricato rurale toscano e del suggestivo paesaggio circostante, che
rappresenta una naturale terrazza sul Montalbano, con una veduta privilegiata
su quello che resta del medievale sistema difensivo, ancora oggi visibile con i
resti dei castelli e delle torri di Montevettolini, Larciano, Porciano,
Faltognano, Anchiano, Vitolini, di cui la roccaforte di Vinci rappresentava un
comune punto di riferimento, a tal punto, come ebbero a sancire gli statutari
del 1564 :
"
Vinci è Castel che la sua origine conta
da
quei Giganti che con empio zelo
tracotanti
si armar contro del celo
per
riportarne alfine grande scorno ed onta".
Lo
Statuto del Comune di Vinci del 1564 rappresenta inoltre una delle prime
testimonianze della presenza della famiglia Baronti nel comune, laddove nella
rubrica 19, dedicata agli "officiali" dei fiumi, delimita il rio del Vincio, di
spettanza del detto Comune "cominciando dove
si piglia l'acqua, che va' al mulino di S. Francesco Paronti (Baronti) per
infino al valico di Franconi".
Anche
il ramo della famiglia Baronti, attuale proprietaria di Grappina, con
capostipite un Anton Maria, vissuto nella prima metà del XVII° secolo, ha
sempre abitato ininterrottamente a Vinci, prima dentro le mura del vecchio
borgo e successivamente fuori, all'inizio dell'odierno paese, nel piccolo
villaggio denominato Beneventi, dove ancora si trovano le vecchie case e la
cantina della famiglia, dedicandosi per oltre cinque secoli alla produzione del
vino e dell'olio di oliva delle colline di Vinci.
NICOLA
BARONTI
In occasione delle nozze di
Federica Baronti e David Altini,
nuovi " Signori" della
Grappina
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